«Donne io vel dico da parte de Orlando». Appunti sulle lettrici del poema cavalleresco nel Cinquecento

Nel proemio del canto diciottesimo dell’Hercole, Giovan Battista Giraldi Cinzio si rivolge alle «donne gentili». Le ottave che seguono raccontano un «lascivo amore, e fiamme scelerate»; ma l’intento, avverte l’autore, non è quello di macchiare la loro fede, definita poco dopo inviolabile, bensì que...

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Main Author: Marco Verde
Format: Article
Language:English
Published: Milano University Press 2024-12-01
Series:AOQU
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Online Access:https://riviste.unimi.it/index.php/aoqu/article/view/27688
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Description
Summary:Nel proemio del canto diciottesimo dell’Hercole, Giovan Battista Giraldi Cinzio si rivolge alle «donne gentili». Le ottave che seguono raccontano un «lascivo amore, e fiamme scelerate»; ma l’intento, avverte l’autore, non è quello di macchiare la loro fede, definita poco dopo inviolabile, bensì quello di definire un vizio da non seguire. La narrazione vuol porsi come exemplum e il proemio viene eletto a forma di dialogo. Quello del Cinzio non è il solo caso all’interno della produzione cavalleresca cinquecentesca in cui l’autore, attraverso formule allocutorie, si rivolge alle proprie lettrici. Infatti, a fargli compagnia è una serie di testi che segue il solco tracciato, dai cantari, da Boiardo, dal Furioso di Ludovico Ariosto: da La morte del Danese di Cassio da Narni all’Angelica innamorata di Vincenzo Brusantini, fino al più noto Amadigi di Bernardo Tasso. Ciascuno di essi instaura un dialogo con il pubblico di genere femminile, che sia esso nobile o indefinito, non più esclusivamente dedito a lavorar con «l’ago e ’l panno».
ISSN:2724-3346