Elena Trapanese, Sueños, tiempos y destiempos. El exilio romano de María Zambrano, Madrid, UAM Ediciones (Universidad Autónoma de Madrid), 2018

Uno dei personaggi più emblematici della narrativa di Truman Capote (2008) dice: “adoro New York, anche se questa città non è mia come possono esserlo alcune cose, un albero o una strada o una casa, qualcosa, in definitiva, che è mio perché io gli appartengo”. María Zambrano avrebbe potuto scrivere...

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Bibliographic Details
Main Author: Leonarda Rivera
Format: Article
Language:English
Published: SHARE Press 2019-12-01
Series:Funes
Online Access:https://serena.atcult.it/index.php/funes/article/view/6573
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Description
Summary:Uno dei personaggi più emblematici della narrativa di Truman Capote (2008) dice: “adoro New York, anche se questa città non è mia come possono esserlo alcune cose, un albero o una strada o una casa, qualcosa, in definitiva, che è mio perché io gli appartengo”. María Zambrano avrebbe potuto scrivere lo stesso riferendosi a Roma, perché, sebbene la città eterna diventò per molto tempo (1949-1973) un luogo di accoglienza per la spagnola, in realtà quel sentimento di non-appartenenza che scaturisce dal fondo stesso dell’esilio fu sempre presente. María Zambrano amò Roma come nessun altra città straniera ma, come il personaggio di Truman Capote, non poté dire che la città eterna fosse sua.
ISSN:2532-6732